Padova story

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  1. padova81
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    Le alterne fortune dei nove allenatori ungheresi nella storia del Padova, quando il Biancoscudo parlava magiaro
    Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
    10.11.2014 15:14 di Alessandro Vinci

    Esterofilia. Una critica rivolta sempre più spesso al calcio italiano. “Tempo fa non c'erano così tanti stranieri in campo” è la frase tipo. No, infatti, non ce n'erano. Specialmente prima del 1980, anno nel quale vennero riaperte ai giocatori esteri (ma solamente uno per squadra) le frontiere del Bel Paese dopo quattordici anni di nazionalismo calcistico causato dalla disfatta di Middlesbrough '66 contro la Corea del Nord. Problema attuale e legato unicamente agli atleti, dunque? Per niente. Esempio emblematico di ciò è il Calcio Padova degli anni '30 e dei primissimi anni '40, che venne allenato per undici stagioni consecutive da tecnici ungheresi, al pari di moltissime altre squadre dello stivale. Il tutto, paradossalmente, in tempi di autarchia fascista. Un'autarchia che, secondo la carta di Viareggio del 1926, riguardava anche l'utilizzo dei calciatori (ostacolo poi spesso aggirato con lo schieramento degli oriundi), molti dei quali, all'epoca, provenivano proprio dal paese magiaro. Le società italiane facevano a gara per accaparrarseli, loro, emblemi della più pura “scuola danubiana”, al pari degli allenatori loro connazionali. Esportatori professionisti di un gioco d'avanguardia ereditato dalla madre Inghilterra già negli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale e rielaborato nel corso degli anni in maniera del tutto innovativa: il modulo, la piramide di Cambridge (2-3-5), non cambiò di una virgola. Ma lo stile di gioco sì, eccome. Non più corsa, resistenza e fisicità, qualità proprie dei britannici, bensì tecnica, organizzazione, fraseggi palla a terra anche orizzontalmente. Insomma, un vero e proprio tiki taka ante litteram, che durante gli anni '30 troverà la sua massima espressione nel Wunderteam austriaco di Matthias Sindelar allenato da Hugo Meisl e nella Nazionale ungherese del 1938, finalista ai mondiali francesi contro la stessa Italia.
    Per trovare il primo allenatore magiaro nella storia del Padova, dobbiamo tornare al 1930. La squadra è appena retrocessa in Serie B dopo aver concluso in penultima posizione il primo campionato di A a girone unico della storia del calcio italiano durante il quale aveva visto avvicendarsi sulla propria panchina l'inglese Herbert Burgess, allenatore biancoscudato per gran parte degli anni venti, ed Aldo Fagiuoli. Il commissario straordinario Ferruccio Hellmann (factotum della società a seguito delle dimissioni di massa da parte dell'intera della dirigenza causa retrocessione), è deciso a risalire subito tra i grandi e mette sotto contratto Lajos Kovàcs, trentaseienne allenatore proveniente dallo Stoccarda con un passato anche alla guida della Triestina. La scelta si rivelerà azzeccata: non male la prima stagione, quando la squadra, dopo aver viaggiato su buoni ritmi per tutto l'arco del campionato (18 vittorie, 7 pareggi e 9 sconfitte), chiude il campionato al quarto posto, a meno tre punti dal tandem Bari-Fiorentina, poi promosso in massima serie. Da segnalare l'enorme valorizzazione del giovane attaccante Gastone Prendato, che a fine stagione si laurea capocannoniere di categoria con 25 reti, venendo poi acquistato a peso d'oro (125mila lire) dalla stessa Fiorentina in vista della A, campionato in cui già la stagione precedente il giocatore biancoscudato aveva messo a segno 10 marcature. Per un giovane che parte, ce ne sono altri tre che sbocciano: sono Mario “Pelo Rosso” Perazzolo, Annibale Frossi, “il dottor Sottile”, ed Alfredo Foni, quest'ultimi attratti dalla possibilità di unire la militanza in un'importante piazza calcistica italiana agli studi universitari nel prestigioso ateneo padovano rispettivamente in ingegneria ed economia e commercio. La stagione fu un successo: 47 punti finali e conquista di un secondo posto sinonimo di Serie A alle spalle del Palermo anche grazie ad una difesa di ferro che si rivelò la migliore di tutto il campionato con sole 26 reti al passivo. Numeri importanti anche in zona-gol, con le 17 marcature di Perazzolo, le 15 di Foni (attaccante che via via con gli anni vedrà progressivamente retrocedere il suo raggio d'azione venendo acquistato dalla Juventus nel 1934 per sostituire un mostro sacro della difesa come Rosetta) e le 9 di Frossi. Gradite sorprese, Giovanni Gravisi e Giorgio Rossi, altri membri del pacchetto avanzato biancoscudato, a segno per 13 e 14 volte rispettivamente. Insomma, il Padova è tornato in Serie A. E meritatamente. Ma il suo abile condottiero, adempiuta la sua missione, sceglie di “lasciare da grande” ed il 31 luglio la società non può che comunicare ufficialmente la risoluzione consensuale del contratto, precisando che questa stessa è stata “giusta, amichevole e senza problemi né economici né morali”. Come nuovo allenatore, viene assunto Jànos Vanicsek. Buona la sua prima stagione all'ombra del Santo: l'obiettivo è quello di ottenere una salvezza tranquilla e così puntualmente accade, con la squadra che conquista la permanenza in massima serie senza troppi patemi chiudendo il campionato a quota 28, a più sei punti sul Bari ed a più dieci sulla Pro Patria, retrocesse in Serie B. Ma la stagione successiva, purtroppo, il Biancoscudo non realizzerà il bis, complici le pesantissime partenze dei tre più cristallini talenti della squadra: Frossi, Perazzolo e Foni, pronti ormai a spiccare il volo verso i massimi palcoscenici calcistici internazionali (il primo vincerà le Olimpiadi del '36, il secondo il Mondiale del '38, il terzo entrambe le competizioni). Se ci aggiungiamo poi un pizzico di sfortuna, con il Padova che chiude il campionato al terz'ultimo posto nella prima stagione in cui quest'ultimo non basta più a mantenere la categoria, ecco maturare la seconda retrocessione in Serie B della storia biancoscudata. E nessuno immagina ancora che già la stagione successiva arriverà anche la terza. Nonostante l'esito dell'annata precedente, alla guida della squadra viene riconfermato Vanicsek, il quale però, già a seguito della terza giornata di campionato, viene sollevato dall'incarico per lasciare spazio a Giovanni Venturi, dopo aver collezionato due pareggi interni contro Spal e Catanzarese ed una sconfitta sul campo dell'Hellas Verona. Ma il cambio di guida tecnica non porta i frutti sperati: a fine stagione, infatti, il Padova retrocede in Serie C per la prima volta nella sua storia, pur essendosi classificato al decimo posto su sedici squadre totali, causa unificazione del campionato di Serie B, sino a quel momento diviso in due gironi. Nuova stagione, nuovo tecnico ungherese, ma stavolta solamente a partire dall'undicesima giornata, in quanto, durante le prime dieci, sulla panchina biancoscudata si era seduto con discreti risultati Pietro Colombati, che sino al 5 novembre ricopriva anche la carica di presidente. A raccogliere il suo testimone, Elemer Kovàcs, il quale, dopo aver esordito con un pesantissimo 9 a 0 subìto per mano del Vicenza, guidò la squadra sino ad un soddisfacente quarto posto finale, a meno quattro punti dal Venezia capolista, unica squadra promossa in Serie B. Capocannoniere stagionale della squadra: Renato Sanero, acquistato dall'Atalanta ad inizio stagione, che mise a segno 16 reti. Dopo una prima annata di Serie C, l'imperativo in vista della nuova stagione è quello di tornare in cadetteria. Perciò, come allenatore, la società si affida all'ex Vicenza Wilmas Wilhelm. Il rendimento in campionato è di primo piano ed i biancoscudati centrano l'obiettivo promozione, classificandosi al primo posto a quota 40 punti, a più sette sul Treviso secondo in classifica. Sugli scudi Sanero, che si riconferma cannoniere biancoscudato con 12 gol, Petron con 10 ed Antonio Maran con 8. Ma le soddisfazioni targate Wilhelm non sono finite: il Padova, infatti, si rivela la matricola terribile della Serie B 1937-1938 stazionando per tutto l'arco della stagione nelle zone alte della graduatoria e concludendo il campionato al quarto posto, a tre lunghezze di distanza dal trio di testa composto da Novara, Modena ed Alessandria che si giocherà la promozione in Serie A. A trascinare i biancoscudati con un totale di 16 reti, uno degli acquisti della nuova gestione-Pollazzi: Ermenegildo Orzan, che la stagione successiva saprà fare ancora di meglio superando di una rete il suo precedente score. Insieme a lui, inoltre, nell'attacco biancoscudato, si vedranno per la prima volta il velocissimo Amedeo Degli Esposti e l'enfant prodige Gino Cappello (uno dei calciatori padovani più forti di tutti i tempi: segnerà oltre 100 reti in Serie A con le maglie di Milan e Bologna e parteciperà ai mondiali del 1950 e del 1954), in rete rispettivamente in 14 e 10 occasioni. Ma questi nomi e questi numeri non traggano in inganno: il Padova conclude la stagione nell'anonimato del centro classifica e vede avvicendarsi sulla sua panchina tre allenatori: Wilhelm, Wereb (altro ungherese) e Tansini. Più o meno lo stesso esito dell'annata successiva (1939-1940), quando la squadra, allenata da Gyorgy Koszegy, tecnico ungherese da vent'anni in giro per l'Italia, chiude il campionato all'ottavo posto, ma vede la fragorosa esplosione del rendimento di Gino Cappello: medie da Cristiano Ronaldo per lui, con 29 reti siglate in 28 presenze. Naturale, a fine stagione, il suo trasferimento in Serie A, più precisamente al Milan del direttore tecnico Toni Busini (145 presenze in biancoscudato da giocatore), che lo acquista per 400mila lire, portandosi in rossonero, in prestito per un anno, anche le altre due stelle della squadra: Orzan e Degli Esposti. Il tutto in cambio dei cartellini di Carlo Biraghi, Valerio Cassani, Giuseppe Bonizzoni, Luigi Diamante, Gino Bortoletti e Riccardo Alberto Villa. Eccoci dunque giunti all'ultima stagione dell'era magiara sulla panchina del Padova: la stagione 1940-1941. Il mister è Stanislav Klein, che il 3 dicembre subentra a Koszegy alla guida di un Padova sino a quel momento dal rendimento balbettante e, nonostante le pesanti partenze di cui sopra, riesce ad ottenere un piazzamento migliore del suo predecessore, classificando la squadra in quinta posizione, ma con lo stesso divario di punti rispetto al secondo posto, l'ultimo valevole per la Serie A: 9. Per rintracciare la successiva esperienza ungherese alla guida del Padova, bisognerà attendere sino alla stagione 1947-1948, sempre in Serie B, quando Wilhelm, a partire dagli ultimi giorni del febbraio del '48, tornerà in biancoscudato dopo nove anni per affiancare alla guida della squadra la già nutrita commissione tecnica composta da Pietro Serantoni, Mariano Tansini e Gino Colaussi (quest'ultimo giocatore-allenatore), che sino a quel momento stava ottenendo grandi risultati. A fine stagione sarà trionfo: primo posto nel girone a più cinque punti sull'Hellas Verona secondo in classifica e conseguente promozione in Serie A dopo tredici stagioni di assenza. Gli ultimi allenatori ungheresi arrivarono poi negli anni '50, periodo d'oro del calcio magiaro: Béla Guttmann (futuro vincitore di due Coppe dei Campioni negli anni '60 con il Benfica) e Lajos Czeizler. Entrambi, però, non riuscirono ad incidere in maniera positiva. O meglio, con Guttmann, alla guida del Padova nella stagione 1949-1950 (in Serie A), a metà campionato si erano creati i presupposti per una stagione memorabile, con la squadra che al giro di boa era terza in classifica, ma nel girone di ritorno il tracollo fu verticale e costrinse la società a richiamare in panchina Serantoni, già alla guida dei biancoscudati nelle tre precedenti stagioni, che nelle ultime cinque giornate traghetterà Zanon e compagni verso il decimo posto finale. Czeizler invece sedette sulla panchina del Padova per sole quindici partite nel corso della Serie B 1952-1953, succedendo a Pietro Rava a partire dal quindicesimo turno, senza riuscire però a migliorare il rendimento di un gruppo che verrà faticosamente portato alla salvezza nelle ultime sei giornate da Tansini, storico responsabile del settore giovanile biancoscudato che, quando chiamato in causa, non ha mai deluso le aspettative. Nove dunque gli allenatori ungheresi che dal 1930 al 1953 si sono avvicendati alla guida del Padova con alterne fortune. In futuro, gli unici tecnici stranieri che alleneranno la truppa biancoscudata saranno gli argentini Oscar Montez (1963-1964) ed Humberto Rosa (1966-1970). E saranno anche gli ultimi. Da quarantaquattro anni a questa parte, infatti, gli allenatori biancoscudati sono stati unicamente italiani. Altro che esterofilia...

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    Kovàcs, primo tecnico magiaro
     
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